Void Generator - Phantom Hell and Soar Angelic (2010)
Phonosphera (ph01)
Già che ci sono, mi cimento in altra recensione di un altro gruppo italiano che, a mio avviso, merita il massimo rispetto. Dopo un paio di uscite discografiche autoprodotte dal sapore stoner/psych/space, i romani Void Generator la combinano grossa...Phantom Hell and Soar Angelic è un platter complesso, variegato, inusuale, non facile da descrivere. Per avere un'idea più articolata del cd in questione, forse sarebbe utile andare a leggersi anche le numerose recensioni uscite praticamente in mezzo mondo. Il cd consta di quattro pezzi, di cui, tre 'regolari' più una ghost track dal titolo ignoto (il mio car stereo legge la traccia 4 come 'Retinoic Dust'). Quattro suite dal sapore differente ma tenute insieme da una solida base space che unsice le varie anime - rock, stoner, psichedelic, prog - dei pezzi. Salta subito all'occhio, ed orecchio, la durata non usuale delle song, mai sotto i 13 minuti. Due le cose: o i VG sono 4 pazzi oppure 4 che sanno il fatto loro (oppure entrambi...!). Classica formazione con chitarra, basso, batteria e tastiera ai quali va aggiunto un fantomatico Bob the Rich accreditato come spiritual guidance,' Sinclair docet... La registrazione dei quattro pezzi è sicuramente migliore della media dei dischi che non siano prodotti da una major, un plauso quindi anche alla neonata etichetta Phonosphera che li produce. Si inizia con Message From the Galactic Federation che apre con un riff in 13/8 che ti splovera la faccia...qualcuno lo chiamerebbe intro stoner, ma non è così, ben presto le aperture delle chitarre e le tastiere virano verso un sentiero più prog e - a tratti - post metal. Un mix che non ritrovo da altre parti. In tre minuti già corrono una serie di sensazioni difficili da collocare stilisticamente. Il riff iniziale/centrale, che si ripete quale preparazione dei vari cambi, sfocia in un break di voce che culmina in un fade out dal sapore space. In quattro minuti una canzone rock è finita. Macché...un nuovo bridge ci conduce in territori quasi post metal conditi space. Altre due strofe di cantato si alternano al giro principale, poi ancora il bridge post metal che stavolta apre verso un tappeto di chitarre e tastiera che costituisce la parte centrale (!) del pezzo, melanconico e terribilmente 'sentito', voce e pathos dominano in quest'area. La genialità del pezzo si nota poi nell'uscita dalla parte centrale che riprende la zona post metal precedente...e siamo al minuto 8:00. Si ricomincia quasi come da capo in 13/8, con variazioni e bridge che precedono altre due strofe di voce. Poi un break dal quale si staglia un nuovo riff rotondo, disparo e ossessivo dalla tonalità minore, con le chitarre sfalzate tra i due canali. Il basso contrappunta la melodia, la batteria corre sul tempo ed il pezzo sfuma in una catastrofe di effetti ciclici che ti lasciano un senso di vuoto...Void Generator, appunto. Il secondo brano, The Morning, è invece una semplice composizione dal sapore psichedelico, molto istintiva rispetto al precedente brano. Apre una chitarra che tiene un groove ritmicamente scandito, identico fino alla fine del pezzo (una sorta di follia a la Moondog). La voce ci racconta dolcemente di storie andate mentre la batteria pulsa come da manuale. Dopo un paio di strofe di cantato la canzone cresce leggermente di intensità, ma non troppo. Dopodiché la canzone affonda letteralmente in una parte centrale silenziosissima, a metà strada tra una composizione post rock ed una riflessione tipica dei Motorpsycho seconda maniera. Di nuovo la chitarra annuncia l'arrivo della voce che adesso è più presente, gioca con i soliti tre (3) accordi e lo shaker della batteria annuncia nuove sensazioni rinvigorendo il beat. Col passare delle strofe la canzone cresce fino a che le chitarre e la tastiera intasano l'headroom del segnale...prima della parte finale un ritornello straziante della voce ci trascina in un vortice psichedelico drogato, trasognato e languido sorretto dalle chitarre sovraincise e dalla tastiera che muore con un finale catatonico. Melodie in sottofondo si intrecciano fino alla fine delle cose. Il pianissimo finale della tastiera ci lascia la sensazione della quiete dopo la tempesta...e siamo solo a metà disco! Il sapore grigio del vuoto che ci ha rubato il pensiero poc'anzi, viene interrotto dall'incedere quasi inaspettato del terzo pezzo, 'The Eternaut'. Il pulsare ripetuto e prolungato di un basso medioso ci riporta alla realtà con un groove lento e rilassato in grado di far 'rifiatare' le orecchie e allo stesso tempo ci mette in allerta. Il groove si basa solo su due accordi uno risolutivo e uno tensivo. Dopo un paio di minuti irrompe uno stacco dall'accento disparo che immette immediatamente in un maledetto riff a la Monster Magnet. Poi entra la voce che si distende per un paio di giri con incastri da brividi. E' il momento di una sorta di ritornello col basso pulsante e voce che insiste sul titolo della song. Un bridge 'rallenta' l'atmosfera fino ad uno stacco che riporta agli accordi iniziali dove la tastiera si libera in un solo ipnotico, e moderatamente 'storto', sorretto alla grande dalla sezione ritmica dei VG. Una sorta di prog evoluto. Poi ancora il bridge melanconico interrotto da una serie di obbligati dispari, una sospensione senza tempo, rubata e quindi via col riff dei Mostri Magnetici. Ma qui la voce raddoppia armonizzata una terza sopra ed il brano 'spinge' ancora di più, se possibile. A questo punto il ritornello raddoppia la durata, la tastiera descrive melodie a note lunghe, la batteria doppia il tempo ed il pezzo cade in un solo di chitarra che non saprei come descrivere. Un fiume di note suonate su uno space echo che è tutto feel. A tratti sembra Ollie Halsall dei Patto, a volte Page a volte...non lo so! La cosa certa è che, mentre gli accordi-base si fermano e vengono suonati solo gli accenti che vengono lasciati liberi per una completa fruizione di tutta la distorsione (con un basso mostruoso) la chitarra continua il solo schizofrenico, la tastiera contrappunta con suoni volutamente vintage e un vortice di effetti space ci conducono verso qualcosa a metà strada tra la disperazione e l'ipnosi indotta. Non assumete droghe durante l'ascolto, vi prego.
Come se tutto ciò non bastasse i VG ci propongono la ghost track dalla durata di quasi 24 min... mentre il vortice dello space echo di Eternaur ci lascia attoniti, piccoli movimenti sonori fuoriescono dall'agognato silenzio che anticipa la quarta ed ultima traccia. Chitarre lo-fi ripetute a loop con sottili giochi di delay ad incastro ricordano rumori embrionali tenuti ad un filo di volume. Ad un certo punto però la song esplode d'improvviso, tutti gli strumenti urlano gli accordi arpeggiati della chitarra sostenuti da un Oberheim e da un solo di chitarra che rimanda ad un Gilmour molto incazzato. Un incedere lento del pezzo che - a tratti - ricorda la consecutio dei Warning di 'Watching From a Distance'. Intanto un nuovo solo di chitarra si sovrappone al primo giocando con gli accordi lunghi...e cadenzati che hanno l'effetto di attirare l'attenzione in modo irreale dalla quale è quasi impossibile sfuggire. Poi irrompe una sorta di 'solo centrale' di chitarra, più 'avanti' rispetto agli altri (che ancora risuonano) assumendo la veste di un vero e proprio tema quasi metal, pentatonale, nervoso, rubato e lirico allo stesso tempo. Al termine di questo straziante solo entra la voce dal sapore quasi doom intervallata da frasi di chitarra dal suono metallico. Al termine delle quattro strofe una serie di soli di chitarra si sovrappongono a destra e sinistra con accompagnamento di effetti di varia natura. Un caos sonico ordinato incredibile, seguito da altre strofe di cantato, fino a che la componente space della band prende il sopravvento, suoni analogici e digitali pervadono il tutto sino all'incedere di una tastiera subacquea che descrive una melodia lunga e triste a perfetta chiusura del deliro che la precede. Silenzio.
La fine.
Manco per niente.
Una chitarra dal volume bassissimo descrive melodie doom slabbrate, rimbalzate dallo space echo ci avverte che forse la fine non arriverà mai...
"Un disco che stupisce veramente dall’inizio alla fine, senza cercare etichette, periodi o gruppi di riferimento che metterebbero un limite a questo materiale lavico che trabocca continuamente. E’ chiaro che all’interno del cocktail preparato dalle sapienti menti e mani dei Void Generator si intravedono ingredienti che separatamente possano far pensare ad alcuni gruppi storici, ma qui siamo di fronte ad una originalità di proposte che tra l’altro non si sposa bene con le nostre latitudini e forse anche latinitudini… La variopinta gamma di suoni e colori è già presente sulla prima notevolissima traccia (Message From The Galactic Federation) che ha un andamento tirato spiraliforme, con iterazioni ipnotiche che trasportano in luoghi interiori prima che galattici. The Morning invece ha all’inizio un sapore tardi anni ’80-primi ’90 ma con l’evolversi del brano entriamo in piena atmosfera odierna o no-time, con un finale liquido inscritto da una tastiera che porta con sé la luce di albe e mattini dei primi anni ’70. The Eternaut è un viaggio siderale intenso negli ambienti che a me ricordano i grandi disegnatori che costituivano la rivista che, curiosamente, aveva lo stesso nome del brano in questione. Il basso pulsante, la possente batteria, la funambolica chitarra e le ammalianti tastiere rapiscono l’ascoltatore che ritrova se stesso alla guida del mezzo. La ghost-track parte da un panorama introspettivo per decollare in modo improvviso verso destinazioni acid-rock con una chitarra vorticosa che porta alla fine ad approdare a una nuova destinazione sonora che tuttavia presenta una certa specularità con la sua base di partenza, come fosse lo svolgimento di un sogno prima di un nuovo mattino… Last but not least…la durata dei brani fuori dalle strette maglie del formato-song non fa sfiorare mai il dubbio che si tratti di una autoindulgenza, ma è in perfetta sintonia con la concezione di “viaggio psichico” e rivela nel suo svolgersi l’accurato e raffinato lavoro di cesellamento che è dietro la realizzazione di questo cd suonato con grande perizia ma senza perdere in estro e che continuerà a far parte dei miei ascolti per ancora molto tempo… Manna và’!"
Silence.
The End.
Not at all.
A low volume guitar describes chipped doom and space echoed melodies, warns us that perhaps will never end ...
Tracklist
1. Message From the Galactic Federation 15:14
2. The Morning 13:02
3. The Eternaut 18:10
4. (Ghost Track) 23:42
88/100
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