Massima di vita

Il giudizio e le recensioni qui riportate, pur nel tentativo di essere obiettivi, risentono del gusto e dell'esperienza di chi scrive.
Judgment and reviews given here, while trying to be objective, are affected by the taste and experience of the writer.


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Wednesday, September 29, 2010

Electric Orange - Krautrock From Hell (2010)











Electric Orange - Krautrock From Hell (2010)

Sulatron Records st1001


Gli Electric Orange non sono proprio gli ultimi arrivati. Si agitano sui propri strumenti dal lontano 1992 e contano, ad oggi, quasi una ventina di album... Che musica fanno i tedeschi ? Kraut-rock. Infatti i 'ragazzi' di Aachen oscillano tra prog e kraut, come da tradizione. L'album del 2010 - Krautrock From hell - è un disco che va ascoltato più di una volta per essere apprezzato. I primi due brani, 'Bandwurm' e 'Sundos' ci fanno subito capire il terreno kraut calcato dai teutonici. Prog e Kraut. Ma senza picchi particolari. Non tolgono né regalano nulla a quanto detto sin'ora. Dal terzo brano, 'Chorg (Cpt. Gyrok's)', invece, le cose cambiano piacevolmente. Un bel giro di synth ci fa muovere la testa, il groove della batteria, non sempre preciso, è comunque piacevole e coinvolgente, nonostante la sezione ritmica suoni spesso un po' troppo 'indietro'. Bello anche il finale, molto rilassato con chitarre ed echo. 'Hers' è il quarto brano, un incrocio tra sperimentalismo noise e i Motorpsycho seconda maniera. Buono, ma non eccitante, poiché il beat dei 4 brani ascoltati sin'ora è quasi sempre identico a se stesso. 'Kunstkopf' si sviluppa su un mood di synth niente male, che ricorda - da lontano - qualcosa di dark ambient suonato con intenzione analogica. Anche 'Neuronomicon' è un bel pezzo, forse il migliore del disco. Kraut ma anche avanguardia, 25 minuti (dico '25') di delirio sonico...ricordano qualcosa dei Void Generator.
'Wurmloch' è l'ultimo pezzo che non si discosta da quanto esposto in precedenza, 15 minuti di elettrokrautprog senza sosta. In definitiva, un buon disco, ma non eccelle poiché i tentativi di estremizzare la proposta sonica rimangono, da una parte, troppo simili nello scorrere dei pezzi, ed in secondo luogo mancano di un acuto che possa in qualche modo rilassare e/o eccitare, o comunque, mettere in risalto i vari momenti psychedelici, troppo statici nel loro complesso.

The Electric Orange is not just the newcomers. They agitate on their instruments since 1992 and count to date nearly 20 albums ...
What kind of music do the Germans? Kraut-rock. Indeedt, the 'boys' from Aachen oscillate between prog and kraut, as usual. The album of 2010 - Krautrock From hell - is a record that should be listened more than once to be appreciated. The first two tracks, 'Bandwurm' and 'Sundos' make us understand the kraut ground trodden by the Teutonic. Kraut and Prog. But no particular peaks. Do not give nor take away anything to what has been said so far. From the third track, 'Chorg (Cpt. Gyrok's)', however, things change nicely. A nice synth riff makes us shake our head, the groove of the drums, not always accurate, it is pleasant and engaging, despite the often rhythmic section sounds a bit 'too' backward '. Lovable the ending too, very relaxed with guitars and echo. 'Hers' is the fourth track, a cross between noise experimentalism and Motorpsycho second manner. Good, but not exciting, as the beat of the 4 tracks played so far is almost identical to himself. 'Kunstkopf' spread over a not bad synth mood, that reminds - from a distance - something of dark ambient played with analog intention. Also 'Neuronomicon' is a beautiful piece, may be the best of the platter. Kraut also avantgarde, 25 minutes (say '25 ') of sonic delirium ... they remember something of the Void Generator. 'Wurmloch' is the last piece that does not differ from those outlined above, 15 minutes of never ending elettrokrautprog. Ultimately, a good record, but does not stand out as attempts to exaggerate the sonic proposal remain, on the one hand, too much similar over scrolling the songs and secondly, lack an acute can somehow relax and/or excite, or however, highlight the various psychedelic moments too static in their entirety.

Tracklist

1 Bandwurm 5:42
2 Sundos 4:59
3 Chorg (Cpt. Gyrok's) 10:50
4 Hers 9:37
5 Kunstkopf 6:28
6 Neuronomicon 25:01
7 Wurmloch 15:38

70/100


Saturday, September 4, 2010

Dzjenghis Khan - Dzjenghis Khan (2007)





















Dzjenghis Khan - Dzjenghis Khan (2007)

Motowolf - 022 (vinyl)

Leaf Hound - lhr 027 (cd)


Quando nel lontano 1992 i Kyuss facevano uscire quello che sarebbe diventato il disco STONER per eccellenza, ovvero 'Blues for the Red Sun', forse pochi avevano immaginato un seguito planetario, pochi realizzarono immediatamente che quel disco sarebbe divenuto seminale. Invece, una pletora di gruppi hanno seguito le orme dei californiani, anche con diverse sfumature e risultati. A distanza di quasi vent'anni (dico 20 anni), da quel magma divenuto fonte di ispirazione per migliaia di giovani si sono succeduti, a dispetto del grande movimento creatosi, ben poche realtà musicali degne di rilievo. I Dzjenghis Khan sono una di queste, mentre il 90% dei così detti 'gruppi stoner' non fanno altro che copie su copie di ciò che è stato già detto e ri-detto dai Blue Cheer in poi. Album registrato in Olanda da Guy Tavares degli Orange Sunshine, si dice, con personali modifiche dei microfoni AKG D112 (generalmente usati per la cassa della batteria). Posto che in tale ambito stilistico è sempre molto difficile trovare e coltivare
una propria personalità, elemento che in parte investe anche i qui recensiti ragazzi di Frisco, questo disco merita - a mio giudizio - una attenzione particolare. Appena 'Snake Bite' apre, si capisce immediatamente che siamo tornati almeno 40 anni dietro. La batteria è praticamente spostata tutta sul canale destro come le vecchie registrazioni, le Gibson ultra nasali e ultra distorte da ampli valvolari urlano blues suonati 'al manico' nel rispetto della vera tradizione stoner. 'Wild Cat': un paio di accordi conditi hard blues corredati da un quasi continuo solo di chitarra iper sofferto coprono quasi la voce in stile (del batterista). Uno dei migliori pezzi del disco. Il mood del cd rimane identico a se stesso per tutta la durata delle 10 song caratterizzato sostanzialmente da una esasperazione del lick blues, con chiari riferimenti alle ampie digressioni solistiche degli anni '70. E' chiaro, nulla di nuovo sotto al sole, tranne che per l'interpretazione esasperata comunque in grado di porre i Dzjenghis Khan all'attenzione del grande pubblico di genere. Forse la parte centrale del platter è quella dove la monotematicità del feel raffredda un poco il giudizio finale, ma basta attendere 'Rosie' per tornare in vetta.
Un disco fondamentalmente imperniato sui Blue Cheer con apici di tutto rispetto.

When back in 1992, Kyuss made what would become the STONER disc par excellence, ie 'Blues For The Red Sun', perhaps a few had imagined a global following, few immediately realized that the record would become seminal. A plethora of groups have followed in the footsteps of Californians with different shades and results instead.
After almost twenty years (say 20 years), from magma that become a source of inspiration
for thousands of young people have succeeded, in spite of the great movement created, very few musical realities noteworthy.
The Dzjenghis Khan is one of them, while 90%
so-called 'stoner' do nothing but copies of copies that has been been said and re-told by Blue Cheer on. Album recorded in Holland by Guy Tavares of Orange Sunshine, they say, with personal changes AKG D112 (usually used for kick drum). Since in this field style is always very difficult to find and cultivate its own personality, something which in part also affects the children of Frisco reviewed here, this album deserves - in my opinion - a special attention. Just 'Snake Bite' opens, you immediately understand that we have returned at least 40 years behind. Drums are almost all moved to the right channel as the old records, Gibson and the ultra muddy and ultra distorted from tube amps screaming blues played 'at the neck' in respect of the real stoner tradition. 'Wild Cat': a couple of chords seasoned hard blues accompanied by an almost continuous and hyper suffered guitar solo nearly cover the styled voice (of the drummer). One of the best track of the disc. The mood of the CD is identical to itself throughout the 10 songs featured essentially by an exasperation of a blues lick, with clear references to the extensive soloistic digressions of the seventies. It 'clear, nothing new under the sun, except for the exaggerated interpretation anyway able to place Khan Dzjenghis to the attention of public of the genre.
Perhaps the central part of the platter is where the feel is a bit monothematic and affects
the final judgement, but just wait 'Rosie' to return to the top.
One disc focuses primarily on Blue Cheer with avery respectable climax.


Tracklist

A1 Snake Bite 3:58
A2 Wildcat 3:32
A3 The Widow 4:11
A4 No Time for Love 2:15
A5 Avenue A 3:38
A6 Against the Wall 2:49
B1 Black Saint 5:34
B2 End of the Line 3:30
B3 Rosie 8:03
B4 Sister Dorien 2:23

80/100